Il processo grafico
Altre definizioni relative
alla tecnologia grafica ricavate dalla norma UNI 7290 (novembre '93): "Procedimenti
grafici. Termini e diefinizioni".
- Stampato: oggetto
finale di uno o più processi grafici
costituito da un supporto
riportante i grafismi.
- Processo grafico:
complesso di operazioni di prestampa
e stampa per ottenere uno stampato.
- Prestampa: complesso di
operazioni che partendo dall'originale
attraverso la progettazione grafica
portano alla realizzazione di prematrici,
matrici e forme di stampa.
- Originale soggetto
(testo e/o illustrazione) da riprodurre.
- Progettazione grafica:
programmazione estetica, tecnica ed economica dello stampato in forma sistematica. Fase
di scelta dei processi grafici
e di coordinamento degli elementi che costituiranno lo stampato.
- Prematrice: modello
intermedio tra l'originale e la
matrice per giungere alla formatura grafica.
- Matrice: modello
intermedio per ottenere la forma di
stampa.
- Formatura grafica:
complesso di operazioni di preparazione della forma di stampa (per via
elettronica, fotografica, meccanica, manuale o con qualsiasi altro
metodo).
- Procedimento grafico:
gruppo di processi finalizzati
a ottenere lo stampato.
- Allestimento grafico:
complesso delle operazioni di finitura di un semilavorato per ottenere
il prodotto [grafico] finito.
In queste definizioni con l'espressione "
complesso" si intende "
operazioni
che vengono eseguite in una ben precisa sequenza"
Flussogramma operativo del processo grafico
per flussogramma operativo si intende un diagramma o schema
che mostra la successione delle operazioni o fasi di lavoro,
con le relative materie prime, semilavorati e prodotti
finiti. Può inoltre indicare delle fasi di controllo e anche altre
informazioni relative al ciclo produttivo.
costituscono le
materie prime:
- l'originale
- la carta
- l'inchiostro
costituiscono i
semilavorati:
costituiscono i
prodotti finiti:
costituiscono le fasi di lavoro o operazioni:
Sono attrezzature quelle che vengono usate per trasformare le
materie prime in semilavorati e i semilavorati in prodotti finiti.
Ad ogni fase di lavoro corrispondono un insieme di
specifiche attrezzature.
Le materie prime entrano una sola volta nel ciclo produttivo
del processo grafico.
Le attrezzature vengono utilizzate molte volte.
Questo flussogramma operativo, estremamente elementare, può essere
maggiormente dettagliato, mostrando quali sono le "sottofasi" di lavoro
che costituiscono a loro volta ogni fase di lavoro mostrata. Ad
esempio, come già spiegato
la
stampa si può a sua volta suddividere in:
la
prestampa si può a sua volta suddividere (almeno) in:
La stampa
Concetti fondamentali sulla stampa
Stampa a impatto: si ha contatto tra la forma di stampa
(o un dispositivo intermedio) e il supporto. E'
caratterizzata dalla pressione di stampa.
Stampa senza impatto: non si ha contatto tra
né la forma di stampa né un dispositivo intermedio e il supporto.
Pressione di stampa: è la pressione p esercitata
durante la fase di stampa: p = F/S. E' il rapporto tra la
forza F esercitata tra la forma da stampa (o un dispositivo
intermedio) e il la superficie S del supporto in contatto con
la forma (o col dispositivo intermedio).
Pressione piana: si ha quando tanto la forma quanto il
dispositivo di pressione hanno forma piana.

schema della stampa a pressione piana
Pressione piano-cilindrica: si ha quando la forma ha forma
piana e il dispositivo di pressione (o un dispositivo intermedio) ha
forma cilindrica.
- Il vantaggio della pressione piano-cilindrica rispetto
alla pressione piana è che è possibile avere un'adeguata pressione di
stampa anche su superfici del supporto molto grandi, senza dover
esercitare forze eccessive, poiché la pressione non viene esercitata
contemporaneamente su tutta la supericie del supporto, ma solo su una
sottile striscia di contatto.

schema della stampa a pressione piano cilindrica
Pressione cilindrica: si ha quando tanto la forma (quanto
l'eventuale dispitivo intermedio), quanto il dispositivo di pressione
hanno forma cilindrica.
- Il vantaggio principale della pressione cilindrica (oltre
allo stesso della pressione piano-cilindrica) è quello che, grazie ai
movimenti solo rotatori, e non alternati, degli organi di stampa, la
stampa può avveitre con maggior velocità.

schema della stampa a pressione cilindrica
Stampa (a impatto) diretta: si ha contatto diretto tra la forma
di stampa e il supporto.
- Nella stampa diretta i grafismi sulla forma sono "al
rovescio", cioè si leggono come "allo specchio"
Stampa (a impatto) indiretta: si ha
contatto indiretto tra la forma di stampa e il supporto
mediante un dispositivo intermedio.
- Nella stampa indiretta i grafismi sulla forma sono "al
diritto".
Riserva di inchiostro: è la modalità con cui la forma
trattiene e trasferisce l'inchiostro al supporto.
Ogni procedimento grafico a impatto raggruppa quei processi
grafici che sono caratterizzati dall'avere lo stesso tipo di riserva
di inchiostro.
I procedimenti a impatto
def. da UNI 7290: "Complesso di
procedimenti in cui il
trasferimento dell'elemento di contrasto avviene tramite
pressione tra la forma o altro dispositivo stampante e il supporto"
procedimento |
grafismi/
contrografismi |
riserva di inchiostro |
schema della forma/principio
di trasferimento del mezzo di contrasto (inchiostro)
|
principali processi grafici |
rilievografico |
grafismi in rilievo rispetto ai contrografismi |
naturale |

- fase di inchiostrazione: l'inchiostro si ferma in
modo naturale sui grafismi essendo questi in rilievo
- fase di stampa: la forma
viene premuta sul supporto e l'inchiostro presente sulle parti in
rilievo viene trasferito in modo naturale a questo
|
- xilografia a (importante per ragioni storiche, oggi
utilizzata per scopi artistici);
- tipografia (importante per ragioni storiche;
utilizzata
raramente ancora oggi per semplici prodotti quali biglietti da visita,
carta intestat, buste)
- flessografia (importante processo per la stampa di
imballaggi, stampa di quotidiani)
- letterset (stampa indiretta)
|
incavografico |
grafismi in incavo rispetto ai contrografismi |
meccanica |

- fase di inchiostrazione: l'inchiostro si ferma sia
nei grafismi sia sui contrografismi
- fase di pulizia: l'inchostro viene rimosso dai
contrografismi (operazione appunto meccanica, ad esempio
mediante una racla
in acciaio)
- fase di stampa: la forma viene premuta sul
supporto e l'inchiostro presente nelle parti in incavo viene trasferito
a questo
|
- calcografia (importante per ragioni storiche, oggi
utilizzata per scopi artistici);
- rotocalcografia
(adatta alle alte tirature; stampa di riviste ad alta tiratura,
imballaggio di qualità. Necessità di lunghi tempi di preparazione della
forma)
- tampografia (stampa indiretta; stampa su oggetti di forma
irregolare)
|
planografico |
grafismi (lipofili) e contrografismi (idrofili) sullo stesso
piano |
fisico-chimica |

- fase di bagnatura: la forma viene bagnata. I
contrografismi idrofili trattengono l'acqua (per affinità fisico-chimica),
i grafismi lipofili e idrorepellenti non la trattengono
- fase di inchiostrazione: i contrografismi bagnati nella
fase di bagnatura respingono l'inchiostro
grasso. I grafismi lipofili lo trattengono (per affinità fisico-chimica)
- fase di stampa: la forma viene premuta sul supporto (o su
un dispositivo intermedio) e l'inchiostro viene trasferito a
questo
|
- litografia (importante per ragioni storiche, oggi
utilizzata per scopi artistici);
- lito-offset (stampa indiretta; principale processo
ad impatto; utilizzato per la maggioranza di prodotti grafici)
|
permeografico |
grafismi permeabili e contrografismi impermeabili |
filtrante |

- fase di inchiostrazione: l'inchiostro
viene messo sulla forma dalla parte
opposta al supporto
- fase di stampa: viene passata una racla (in gomma) sulla
forma, la quale forza l'inchiostro a filtrare attraverso i
grafismi permeabili all'inchiostro, non attraverso i contrografismi che sono stati
preventivamente resi impermeabili
|
- serigrafia (stampa su tessuti, stampa con
effetti particolari con alti spessori di inchiostro, usi artistici;
circuiti elettronici stampati)
|
I procedimenti senza impatto
def. da UNI 7290: "
Complesso di
procedimenti in cui il trasferimento o
l'attivazione dell'elemento di contrasto avviene senza pressione tra la
forma o altro dispositivo e il supporto".
Una più moderna proposta di classificazione li definisce, più
semplicemente "procedimenti senza forma di stampa".
Ne descriviamo solo tre
procedimento
|
principio
di trasferimento o attivazione del mezzo di contrasto
|
principali
processi grafici |
fotochimico |
attiavazione,
grazie alla luce, del
mezzo di contrasto
già presente nel supporto, che successivamente potrà essere reso
visibile mediante un trattamento chimico
|
|
fotoelettrografico |
attivazione elettrostatica, per mezzo della
luce, dei
grafismi su di una
superficie che a seguito di ciò può attirare l'inchiostro o il toner a
sua volta carico
eletrrostaticamente. Ad ogni copia stampata la superficie può essere
elettrostaticamente disattivata e ri-attivata con nuovi grafismi
|
- stampa laser
- stampa Indigo (stampa indiretta)
|
a getto
d'inchiostro (inkjet)
|
invio di particelle d'inchiostro
verso il supporto mediante ugelli
|
- stampa a getto d'inchiostro
|
...
|
...
|
...
|
Altri fondamentali concetti relativi alla stampa
Densità ottica (spesso, semplicemente,
densità) del
grafismo: rappresenta la proprietà del grafismo di assorbire la luce.
E' legata al concetto di tonalità. Un grafismo di
alta densità
ha una
tonalità più scura, rispetto a uno di bassa densità.
Verrà definita puù rigorosamente, in senso fisico, più avanti.
Stampa autotipica: sistema di stampa in cui, non essendo
possibile il trasferimento dell grafismo sul supporto variandone la
densità, le variazionie tonali (l'effetto di "chieroscuro") sono
ottenute per mezzo della retinatura. La maggior parte
dei processi grafici a impatto sono autotipici.
Processi con cui si possono avere reali variazioni densità (non è
necessaria l'autotipia):
- rotocalco convenzionale
- rotocalco semi-autotipica
- stampa fotografica
- stampa inkjet
Con tutti gli altri si deve retinare, ad esempio:
- tipografia
- offset
- flessografia
- serigrafia
- laser
- Indigo
Retinatura: scomposizione del grafismo in grafismi più
piccoli, in genere punti, allo scopo di rendere l'effetto di
chiaroscuro con un sistema di stampa autotipico, sfruttando
l'incapacità dell'occhio di distinguerli se osservati dalla normale
distanza.
esempio di immagine retinata, molto ingrandita. Osservandola da un
opportuna distanza i punti non si distinguono più, ma si vede solo
l'effetto di chiaroscuro
(fonte: http://serigrafiaitalia.cplfabbrika.com/)
Alcuni cenni ai processi grafici di stampa (a impatto) di maggiore
importanza
Accenniamo qui soltanto alle caratteristiche dei principali processi
grafici a impatto, ai principali prodotti grafici che con essi si
possono realizzare e alle caratteristiche dei gruppi stampanti delle
macchine da stampa utilizzate per i vari processi grafici.
Elementi principali della macchina da stampa
Precisamo che una macchina da stampa, per qualsiasi processo
grafico, può dirsi formata, in linea di massima, da un dispositivo
di alimentazione, da uno o più gruppi stampanti, e da degli
organi di uscita.
- il dispositivo di alimentazione ha la funzione di fornire
il supporto su cui stampare ai gruppi stampanti. Il dispositivo di
alimentazione caratterizza il tipo di alimentazione della macchina da
stampa. Si hanno così:
- macchine alimentate a bobina (quando il supporto è in
forma di un nastro arrotolato a formare una bobina). Il vantaggio è la
maggior velocità della macchina da stampa (circa tre volte maggiore
che nelle macchine a foglio) e il costo inferiore del supporto (circa
30% in meno).
- macchine alimentate a foglio (quando il supporto è in
forma di fogli già tagliati). Il vantaggio è la maggior versatilità
della macchina (che può essere utilizzata per lavori con
caratteristiche anche molto differenti l'uno dagli altri) e, a volte,
la lievemente maggior qualità dello stampato.
- il gruppo stampante è quella parte della macchina dove
avviene il vero e proprio trasferimento dell'inchiostro dalla forma da
stampa al supporto. Il gruppo stampante ha caratterisitiche che sono
estremamente dipendenti dal processo grafico utilizzato. Più gruppi
stampanti in successione permettono la stampa di più colori in un solo
passaggio, o la stampa in bianca e volta (cioè su entrambi i
lati del supporto) in un solo passaggio. Abbiamo macchine, ad esempio:
- monocolore
- pluricolore
- pluricolore in bianca e volta (cioè in grado di stampare in
bianca e volta)
- convertibili (cioè in grado di stampare solo in bianca oppure
in bianca e volta a seconda della necessità)
- gli organi di uscita hanno la funzione di raccogliere lo
stampato finito, eventualmente conferendogli un più o meno elevato
grado di allestimento. Possiamo avere, ad esempio:
- un dispositivo di uscita fogli, tipica delle macchine
alimentate a foglio, preceduta a volte da un forno di essicazione (per
un ottimale essiccazione dell'inchiostro),
- un gruppo piega, tipico delle macchine a bobina, nel
quale il supporto viene già parzialmente o completamente piegato e
tagliato.
Procedimento rilevografico
Tipografia
Sebbene la tipografia sia un processo grafico che, dopo avere subito
una grande evoluzione tecnica (dalle tecniche di composizione a manuali
fino all'uso di più moderne tecnologie meccanizzate, ottiche ed
elettroniche) ha ormai più importanza dal punto di vista della
produzione industriale (avendola progressivamente persa in favore della
più versatile stampa lito-offset a partre dagli anni '60 del XX
secolo), essa continua ad avere una grande importanza dal punto di
vista storico.
Spesso il termine "tipografia" è però tuttora utilizzato, un po'
impropriamente, a identificare le tecniche e le arti di stampa, o anche
che l'industria della stampa. Con "tipografia" spesso si intende
un'azienda di stampa, indipendentemente dai processi grafici che vi
vengono utilizzati.
Approfondimento: attualmente si assiste a una sorta di revival
della tipografia, che da tecnica di grande importanza è diventata una
tecnica quasi artistica che recupera le antiche tecniche di
composizione manuale (si veda ad esempio qui:
Fine Press Book Association
, oppure si cerchi, ad esempio, la parola "
letterpress"
("tipografia" in inglese) nel web per vedere la quantità di risorse che
vi si trovano.
Un reparto di "linotype", nella sede del "Chigago Defender",
nei primi decenni del '900. La linotype, inventata nel 1881 da Ottmar
Merganthaler, era una straordinaria macchina che permetteva la
composizione automatica del testo tipografico. L'operatore batteva il
testo su una tastiera che veniva così composto e immediatamente fuso
automaticamente in lega tipografica, linea per linea. Questa macchina
ha permettesso lo sviluppo e la diffusione dei giornali quotidiani in
tutto il mondo.
Un interessantissimo vecchio filmato (in inglese), sul
funzionamento di questa macchina (che permette di apprezzarne la
complessità ma anche la raffinatezza), può essere visto qui: video
linotyope (in inglese)
Una macchina tipografica Heidelberg a foglio, a pressione
piana, del tipo chiamato, dai tipografi italiani col nomignolo di
"Stella": è stata certo una delle più diffuse macchine tipografiche mai
realizzate (è stata in produzione dal 1950 al 1985, quando ormai la
stampa tipografica stava venendo soppiantata dalla stampa lito-offset)).
Flessografia
La flessografia (detta anche, abbreviando,
stampa flexo) è
attualmente un processo grafico in grande sviluppo tecnologica e in
grande espanzione commerciale. Il suo
campo di applicazione
principale è l'
imballaggio, e trova grande applicazione nella
stampa dei
laminati, ma anche dei
quotidiani.
Deve il suo nome al
materiale flessibile con cui sono
realizzate le
forme da stampa: inizialmente in gomma,
attualmente in materiale plastico (
fotopolimero) con
caratteristiche meccaniche (di flessibilità e cedevolezza) analoghe a
quelle della gomma.
I suoi principali
vantaggi sono la sua versatilità di utilizzo
su supporti con caratteristiche molto diverse gli uni dagli altri, alla
sua economicità nelle grandi e piccole tirature.
Il suo limite principale, anche se in continua attenuazione, è la
qualità che non può ancora competere con altri processi grafici quali
la rotocalcografia e la lito-offset.
Fa utilizzo di inchiostri di bassa viscosità (o di alta fluidità, che
vuol dire la stessa cosa).
Le macchine flessografiche sono sempre alimentate a bobina.
Schema semplificato di un tipico gruppo stampante flessografico:
A:
cilindro anilox. Svolge funzione di inchiostratore
della forma. E' elemento tipico della macchina da stampa flessografica.
E' un clindro in acciaio rivestito in rame cromato o, sempre più
frequentemente in materiale ceramico. Sulla superficie sono ricavate
delle minuscole cellette o aleveoli (anche 250 al cm) che si riempiono
di inchiostro.
R:
racla. E' una lama di acciaio che ha la funzione di
asportare l'inchiostro in eccesso depositato sul cilindro anilox.
C:
calamaio. E' il recipiente in cui viene posto
l'inchiostro che viene raccolto dall'anilox
F:
cilindro portaforma, in acciaio, sul quale sono
applicate le forme.
P:
cilindro di pressione, in acciaio
S:
supporto di stampa
cilindro anilox e ingrandimento della sua superficie (fonte:
http://print-techsolutions.co.uk)

forma flessografica
Approfondimento: si può visitare il sito dell'
Associazione Tecnica Italiana per lo
sviluppo della Flessografia.
Procedimento incavografico
Rotocalcografia
La rotocalcografia (detta anche, semplicemente,
stampa rotocalco)
è un processo grafico di grande importanza, che trova il suo punto di
forza nelle grandi tirature di alta qualità. I suoi
campi di
applicazione principali sono
riviste illustrate e
cataloghi
illustrati ad alto contenuto di immagine e ad alta tiratura, e l'
imballaggio
di qualità.
Una caratteristica della stampa incavografica è che i grafismi incisi
devono avere almeno una dimensione estremamente piccola per permettere
un completo riempimento degli stessi da parte dell'inchiostro (effetto
capillare). Nella calcografia, ad esempio, i grafismi sono costituiti
da sottili solchi incisi.
Nella rotocalcografia i grafismi sono costituiti da minuscole cellette
o alveoli. Si possono avere fino a 80 ÷ 100 cellette al cm. Le pareti
che separano le cellette prendono il nome di
setti, o
coste,
e costitiscono i contrografismi.
La forma da stampa rotocalcografica è costituita da un cilindro in
acciaio (che può avere lunghezze fino a oltre 3m e diametro di oltre 50
cm) rivestita da un sottile strato in rame. Nello strato di rame
vengono incise le cellette.
cilindro rotocalco (fonte.: http://packaging-solutions.it)
rappresentazione della superficie ingrandita del cilindro-forma
rotocalcografico. Sono visibili le cellette seoparate dai "setti", o
"coste"
Il rame, una volta inciso, può venire cromato (ovvero rivestito
di un sottilissimo strato di cromo) allo scopo di aumentarne al
resistenza all'usura.
Gli alti costi di preparazione della forma ne fanno subire la
concorrenza da un lato da parte della flessografia (imballaggio)
che è in continuo miglioramento qualitativo, e dall'altro lato della
roto-offset (lito- offset a bobina) che oramai è in grado di stampare
tirature anche molto alte. Si può dire che la rotocalcografia è ancora
molto interessante per le altissime tirature.
I lunghi tempi di preparazione della forma la rendono incompatibile con
la produzione, ad esempio, dei quotidiani.
Fa utilizzo di inchiostri a bassa viscosità.
Le moderne macchine rotocalcografiche sono praticamente sempre
alimentate a bobina.
A seconda delle caretteristiche delle cellette possiamo distinguere le
forme rotocalcografiche in:
- cellette convenzionali: le cellette hanno tutte uguale
ampiezza ma profondità differenziata. Le cellette più profonde
trasferiscono uno strato di inchiostro di maggior spessore, le cellette
meno profonde trasferiscono uno strato di inchiostro di minor spessore.
Le variazioni tonali (ovvero l'effetto di chiaroscuro) sono ottenute
proprio grazie al diverso spessore di inchiostro trasferito sul
supporto. Uno spessore maggiore corrisponderà a un tono più scuro, uno
spessore minore corrisponderà a un tono più chiaro. La rotocalcografia
con forme a cellette convenzionali, è praticamente l'unico importante
processo di stampa non autotipico. Permette una stampa in cui
le immagino possono avere elevatissima qualità, oggi però è quasi
continuamente abbandonato in favore della rotocalco con cellette semi-autotipiche
a causa degli elevati costi e dei lunghi tempi di realizzazione della
forma.
sezione della superficie di una forma con cellette convenzionali.
Questa sezione, come le due seguenti, è solo schematica (la proprozione
tra profondità e ampiezza delle cellette non è reale)
- cellette autotipiche: le cellette hanno tutte uguale
profondità ma ampiezza differenziata. Le cellette più ampie stamperanno
grafismi (punti di forma grossomodo quadrata) più grandi, le cellette
più piccole stamperanno grafismi pù piccoli. Le variazioni tonali sono
ottenute proprio grazie alle diverse dimensioni dei punti. Una zona
stampata con punti più grandi darà l'impressione di essere più scura
rispetto a una stampata con punti più piccoli.
sezione della superficie di una forma con cellette autotipiche. Si
noti che le cellette hanno tutte la medesima distanza tra i loro centri
- cellette semiautotipiche: le cellette hanno sia
profondità sia ampiezza differenziata. Cellette più ampie sono anche
più profonde. Le variazioni tonali sono ottenute con una combinazione
degli effetti che si hanno con le cellette convenzionali e autotipiche.
Le zone scure avranno punti contemporaneamente più grandi e con un
maggior spessore di inchiostro. Le zone scure avranno punti
contemporaneamente più piccoli e con un minor spessore di inchiostro.
Attualmente è il sistema più utilizzato. Cellette di questo tipo
vengono ottenute mediante l'incisione con una punta in diamante
sintetico per mezzo di una dispositivo come l'Helioklischograph
o similari.
sezione della superficie di una forma con cellette semiautotipiche.
In questo caso la forma delle cellette è, grossomodo, piramidale, in
quanto incisa da una punta di forma simile

E' facile riconoscere la stampa rotocalcografica ingrandendo una parte
contenente dei caratteri. Questi presentano il classico bordo
"seghettato" impronta delle cellette, non ottimale per la lettura.
Schema semplificato di un tipico gruppo stampante rotocalcografico:
C:
calamaio. E' il recipiente in cui viene posto
l'inchiostro
F:
cilindro forma, in acciaio rivestito in rame, sul
quale sono incise le cellette, successivamente cromato
P:
cilindro di pressione, in acciaio rivestito in gomma
R:
racla. Lama in acciaio che ha la funzione di
asportare l'inchiostro dai contrografismi
S:
supporto di stampa
Procedimento planografico
Litografia
La litografia è un sistema di
stampa inventato da Alois Senafelder (Praga 1771 - Monaco di Baviera
1834) nel 1796. Senafelder scoprì la proprietà che la pietra calcarea
(che vedeva prelevare nelle cave di Solnhofen), opportunamente
levigata, poteva essere resa
idrofila (cioè affine all'acqua)
mediante acidificazione. La parola "litografia" viene dal greco
lìthos,
"pietra" e
gràphein, "scrivere".
Tracciando su questa pietra, dei segni mediante una
matita grassa,
si osserva che le zone ove vengono tracciati tali segni sono invece
idrorepellenti
(cioè respingenti l'acqua) e
lipofile (cioè affini ai grassi).
Se la pietra così trattata, viene bagnata, si osserva che l'acqua viene
respinta dalle zone tracciate con la matita grassa (essendo
idrorepellenti), mentre viene trattenuta dalldalla pietra rimasta
scoperta.
Inchiostrando ora la pietra con un
inchiostro a base grassa si
osserva che l'inchiostro viene repinto dalla pietra rimasta scoperta,
in quanto bagnata, e pertanto diventata
liporepellente (cioè
respingente il grasso), mentre viene trattenuto dalla parte non
bagnata, cioè dalle zone ove sono stati tracciati i segni con la matita
grassa.
Le parti lipofile costituiscono pertanto i
grafismi, le parti
idrofile, diventate liporepellenti a seguito della bagnatura,
costituiscono i
contrografismi. La pietra così trattata è
pertanto una forma da stampa e a questo punto può venire usata per
stampare mediante un torchio da stampa.
Lito-offset
I fenomeni fisico-chimici che avvengono nella stampa litografica
vengono sfruttati anche nella stampa lito-offset. Il prefisso lito
sta a significare proprio questo, ma la pietra nella stampa lito-offset
è sostituita da altri materiali con analoghe proprietà. Il termine offset,
in inglese sta a significare "fuori-contatto", in altre parole "stampa
indiretta". La stampa lito-offset viene normalmente chiamata
semplicemente offset, il che sarebbe comunque un po' improprio,
in quanto il termine offset indicherebbe genericamente qualsiasi
processo di stampa indiretta.
La stampa lito-offset è al giorno d'oggi il processo di
stampa a impatto di gran lunga più diffuso, grazie alla sua grande
versatilità, alla possibilità di ottenere un'alta qualità di
stampa, alla possibilità di stampare praticamente qualsiasi tipo di
prodotto grafico.
La forma da stampa, nella stampa lito-offset è in genere al
giorno d'oggi costituita da una lastra in alluminio anodizzato
e microgranito. L'anodizzazione è una lavorazione chimica
che ha la funzione di rendere l'alluminio idrofilo e più resistente
all'aggressione chimica. La microgranitura è lavorazione che ha la
funzione di rendere la lastra più ruvida, quindi più idrofila e
di permettere un miglior ancoraggio della resina diazoica
(o diazocomposto, detto anche semplciemente "diazo").
Tale resina viene spalmata sull'alluminio in fase di fabbricazione
della lastra (tale operazione si chiama sensibilizzazione),
ed è un composto lipofilo e fotosensibile, cioè
sensibile alla luce, o alla radiazione ultravioletta (UV). La
radiazione ha l'effetto di far avvenire alla resina stessa un
cambiamento di stato facendola diventare (nelle resine più comunemente
usate) da insolubile a solubile.
La fase di formatura
prevede che la lastra così sensibilizzata venga esposta alla radiazione
UV in corrispondenza dei contrografismi, e successivamente immergendola
in una soluzione acquosa di sviluppo, si avrà come risultato
che lo sviluppo scioglierà le parti esposte alla radiazione, scoprendo
così l'alluminio idrofilo, che costituirà appunto i contrografismi,
mentre nelle parti non esposte rimarrà la resina, che costituirà i grafismi.
Tale operazione di esposizione può venire fatta attraverso una
pellicola positiva che verrà posta sopra la lastra. Infatti su una
pellicola positiva i grafismi sono opachi (e quindi non fanno passare
la radiazione), mentre i contrografismi sono trasparenti (fanno invece
passare la radiazione).
Le lastre descritte prendono il nome di lastre PSP
(PreSensibilizzate Positive, cioè sensibilzzate in fase di
fabbricazione, pronte per l'uso, e che necessitano per l'esposizione di
una pellicola positiva).
schema di esposizione di una lastra PSP. La radiazione UV
solubilizza il diazocomposto.
La pellicola è posta a contatto della lastra. Per chiarezza schematica
è qui invece raffigurata leggermente staccata

latra PSP dopo l'esposizione e lo sviluppo
Le lastre PSP sono solo uno tra i tanti tipi di lastre (sebbene
siano tra le più comuni) presenti sul mercato. Alcuni tipi ad esempio
non sono in alluminio, ma sfruttano analoghe proprietà di altri
materiali. Altre non usano la resina diazoica, ma fotopolimeri
o altre sostanze fotosensibili. Alcune di queste sostanze non diventano
solubili se esposte alla radiazione ma al contrario sono inizialmente
solubili e diventano insolubili quando esposte. Alcune sono sensibili
alla luce visibile, altre alla radiazione UV.
Alternativamente la fase di formatura può avenire esponendo
la lastra mediante una fotounità, cioè un dispositivo al quale
vengono inviati i dati da un computer, e che provvede a esporre la
lastra, punto per punto, mediante un raggio laser che si muove sulla
superficie della lastra, accendendosi o spegnendosi in corrispondenza
di grafismi e contrografismi. Un sistema siffatto prende il nome di
sistema CTP, ovvero Computer To Plate, che significa
"dal computer alla lastra".
Le lastre per CTP non usano, quale composto fotosensibile, la resina
diazoica, ma altri composti con caratteristiche differenti, a volte che
solubilizzano, a volte che insolubilizzano sotto l'effetto della
radiazione che li colpisce, che può essere luce visibile, radiazione
UV, o radiazione IR (queste ultime prendono il nome di lastre
termiche), a seconda del tipo di lastra. Oggigiorno la formatura
CTP si è affermata in maniera quasi completa.
Il gruppo stampante lito-offset è caratterizzato dalla
presenza del cilindro caucciù (detto in gergo, semplicemente,
"cucciù") che costituisce il "dispositivo intermedio",
essendo la lito-offset una stampa di tipo indiretto. E' necessario che
cilindro porta forma e cilindro caucciù abbiano esattamente lo stesso
diametro, poiché devono compiere lo stesso numero di giri rotolando uno
contro l'altro senza strisciamenti. Se così non fosse infatti la forma
trasferirebbe ad ogni giro il grafismo in una posizione differente,
causando stampa sdoppiata.
E' evidente inoltre che la forma deve ricevere prima la bagnatura e
poi l'inchiostrazione.
Schema semplificato di un tipico gruppo stampante lito-offset:
F: cilindro porta-forma, su cui viene avvolta e fissata la lastra
C: cilindro caucciù, rivestito con un telo gommato. Costituisce il
dispositivo intermedio, esserndo la lito-offset un processo di stampa
indiretto
P: cilindro di pressione, in acciaio.
B: rullo bagnatore. In una macchina reale sono normalmente due.
I: rullo inchiostratore. In una macchina reale sono normalmente quattro.
Approfondimenti: digitando su un motore di ricerca le parole
"offset", "stampa offset", "offset printing" si possono trovare
migliaia di pagine web sull'argomento.
Una macchina da stampa lito-offset "quattrocolori" a foglio :
si vedono i quattro gruppi stampanti relativi ai quattro colori
Procedimento permeografico
Serigrafia
La serigrafia è di gran
lunga il più importanteun processo grafico appartenente al procedimento
permeografico.
La forma da stampa è costituita da un telaio rettangolare, che può
essere realizzato con diversi materiali (in genere legno o acciaio),
sul quale è teso un tessuto, detto, appunto "tessuto serigrafico.
Originariamente tale tessuto era in seta, da cui il nome del processo.
Il tessuto, attualmente, è di solito in poliestere o, in certi casi,
realizzato con fili metallici.
Telaio serigrafico (fonte: http://www.handsoccupied.com)
Sul tessuto viene stesa una resina che ha lo scopo di rendere
impermeabili all'inchiostro i contrografismi. Nel caso più semplice
tale resina può essere stesa manualmente mediante un pennello,
direttamente nelle zone costituenti i contrografismi.
Più comunemente si ricorre a un sistema di fotoformatura,
che presenta alcune analogie con quanto si è visto per la formatura
delle lastre PSP nel processo lito-offset.
In questo caso sul tessuto viene stesa una resina fotosensible.
Tale resina viene esposta a una radiazione UV che ha l'effetto di
far avvenire, alla resina stessa, un cambiamento di stato, facendola
passare dallo stato solubile a quello insolubile (ossia
il contrario di ciò che avviene nelle lastre PSP).
La fase di formatura
prevede pertanto che il telaio, così sensibilizzato, venga esposto
alla radiazione UV in corrispondenza dei soli contrografismi: ciò
può avvenire ponendo una pellicola positiva
(coi grafismi opachi, che quindi non lasciano passare la radiazione, e
coi contrografismi trasparenti, che quindi la lasciano invece passare
). Successivamente il telaio viene lavato, asportando così la resina
rimasta solubile (cioè non esposta alla radiazione UV), ossia la parte
corrispondente ai grafismi, mentre la resina divenuta insolubile (cioè
quella esposta alla radiazione UV), rimarrà sul tessuto, rendendolo
impermeabile.
La fase di stampa prevede che l'inchiostro, posto sul tessuto
all'interno del telaio, venga forzato a passare attraverso le parti di
tessuto permeabile (i grafismi), mediante una racla in gomma.
stampa serigrafica, mediante raclatura manuale
La prestampa
La fase di lavoro o operazione del processo grafico che precede la stampa
è, come dice il nome stesso, la prestampa.
Ricordiamo la definzione già data di prestampa: "complesso di operazioni
che partendo dall'originale
attraverso la progettazione grafica
portano alla realizzazione di prematrici,
matrici e forme
di stampa".
Di fatto le materie prime della fase di prestampa sono
gli originali, l'oggetto finale è costitulito dalle forme
di stampa. Prematrici e matrici sono dei semilavorati, che in
molti casi possono anche non esserci (e di fatto la tendenza, nei moderni
sistemi di prestampa, è quello di arrivare direttamente all'ottenimento
della forma senza passare dall'ottenimenti di matrici e prematrici di
alcun tipo).
Gli originali possono essere a loro volta testo o immagini,
che, a seconda dei casi, possono presentarsi in varie forma.
Nel caso della prestampa tradizionale, il testo
è costituito da un manoscritto o un testo dattiloscritto.
Le immagini si presentano su supporto fisico,
carta o pellicola fotografica, possono
essere fotografie o bozzetti.
Nel descrivere la fase di prestampa facciamo qui
riferimento a un flusso di lavoro digitale.
Il testo si presenta in genere già in forma digitale
(uno o più file di testo). Qualora si presentasse ancora
in forma manoscritta o dattiloscritta si dovrà compiere l'operazione di digitazione
dello stesso, che verrà pertanto trasformato in file di testo.
Anche le immagini si presentano in genere già in forma digitale (file
di immagine). Qualora si presentassero ancora su supporto
fisico, carta o pellicola fotografica, dovranno in tal caso essere acquisite
per mezzo di uno scanner, trasformandole così in file di
immagine.
La composizione del testo
Una volta acquisito il testo, questo dovrà essere composto. La composizione
è quella fase che fa parte della più generale fase di prestampa,
che riguarda proprio l'elaborazione del testo, nel senso
di scelta dello stile, delle dimensioni e della disposizione dello stesso.
Pertanto con il termine composizione ci si riferisce
tanto all'operazione di composizione manuale mediante i caratteri
tipografici mobili, quanto alla stessa operazione svolta per mezzo di
opportuni programmi di composizione, quanto alla medesima operazione
svolta con altri sistemi del passato, più o meno automatizzati.
Approfondimento: si possono cercare sul web ad esempio le parole
linotype e monotype, due sistemi meccanizzati
introdotti verso la fine del XIX, in uso fin verso gli anni '60 del XX
secolo, che hanno rivoluzionato la composizione del testo.
L'elaborazione delle immagini e il fotoritocco
Alcuni concetti sulle immagini digitali
Le immagini in forma digitale possono essere memorizzate come immagini
bitmap (o mappe di bit) o come immagini
vettoriali.
- un'immagine bitmap è un immagine che viene
memorizzata dopo essere stata suddivisa in tanti elementi quadrati detti
pixel (da Picture Element:
"elementi di immagine"). Ogni singolo pixel ha un solo colore uniforme
(un po' come la tessera di un mosaico) e il suo colore viene memorizzato
con un codice numerico che corrisponde univocamente a quel colore. Il
file che contiene l'immagine bitmap è quindi sostanzialmente un insieme
o tabella di codici numerici che rappresentano il colore di ogni singolo
pixel. Ovviamente maggiore è il numero di pixel in cui è scomposta
l'immagine, maggiore è il suo contenuto in termini di dettagli.
Un immagine bitmap, se ingrandita, a un
certo punto inizierà a degradarsi, e non mostrerà ulteriori dettagli, ma
mostrerà i pixel.
La modifica delle immagini bitmap è possibile, ma piuttosto complessa e
sicuramente entro certi limiti. Prende anche il nome di "fotoritocco"
Il programma più diffuso nell'industria grafica per l'elaborazione
di immagini bitmap è Adobe
Photoshop®. Un ottimo programma "open source", gratuito, è Gimp.
- un'immagine vettoriale è un un immagine in cui
vengono memorizzato i singoli elementi geometrici, come forma,
posizione, colore.
- Ad esempio l'immagine vettoriale di un cerchio pieno colorato, pieno
sarà memorizzata come: coordinate del centro, diametro, colore. Avrà
pertanto bisogno di 5 informazioni:
- che è un cerchio pieno
- il colore
- diametro
- ascissa del centro
- ordinata del centro
- L'mmagine di un segmento colorato sarà memorizzata come coordinate
dei due estremi, spessore e colore. Avrà bisogno pertanto di 7
informazioni:
- che è un segmento
- il colore
- lo spessore
- ascissa del primo estremo
- ordinata del primo estremo
- ascissa del secondo estremo
- ordinata del secondo estremo
Un immagine vettoriale, potrà essere
ingrandita a piacere senza degradarsi.
Le immagini vettoriali devono essere realizzate al computer per mezzo di
un programma di grafica vettoriale. Per mezzo dello stesso programma un
immagine vettoriale può essere agevolmente modificata.
Il programma più diffuso nell'industria grafica per la creazione e l'elaborazione
di immagini vettoriali è Adobe
Illustrator®. Un ottimo programma "open source", gratuito, è Inkscape.
Le immagini acquisite per mezzo di uno scanner, e le fotografie digitali,
sono sempre immagini bitmap.
Le immagini una volta acquisite vanno a loro volta elaborate. Un conto è
avere una fotografia digitale così come viene acquisita dallo scanner o un
immagine vettoriale così come viene creata dal grafico, un conto è avere
la stessa immagine con le caratteristiche adatte al prodotto grafico che
dobbiamo realizzare.Le immagini perciò dovranno essere in gerere
modificate, nel senso di ritoccate, corrette
cromaticamente, ritagliate, ridimensionate
etc. Operazioni che in era digitale, vengono svolte ad esempio per mezzo
dei già citati programmi AdobePhotoShop®
e Adobe
Illustrator®)
L'impaginazione
L'impaginazione è quella fase che consiste nel disporre, all'interno
della pagina, le parti di testo e le immagini nella posizione che gli
competono. Anche con il termine impaginazione ci si
riferisce tanto all'operazione svolta per mezzo di opportuni programmi di
impaginazione, quanto alla medesima operazione svolta con altri sistemi
del passato.
Nella grafica moderna è abbastanza difficile distinguere la fase di
composizione da quella di impaginazione. E' ovvio che la scelta della
disposizione del testo debba tenere conto anche della disposizione delle
immagini e viceversa, pertanto la composizione e l'impaginazione vengono
fatte con i medesimi programmi che possono svolgere entrambe le funzioni.
I programmi più diffusi nell'industria grafica per la composizione e
l'impaginazione sono Adobe InDesign®
e QuarkXPress® (quest'ultimo un
po' in declino). Un ottimo programma "open source", gratuito, è Scribus.
Oggetto finale della fase di impaginazione digitale sarà uno o più file
di descrizione pagina.
I più diffusi formati di descrizione pagina (detti anche "PDL": Page
Description Language) sono PS (PostScript®)
e PDF (Portable Document Format).
L'imposizione
Le pagine devono essere a loro volta essere disposte tra loro nella
opportuna posizione che andranno a occupare sulla forma da stampa e quindi
sul foglio stampato per poter effettuare la stampa nel modo più rapido,
poter semplificare l'operazione di allestimento e ridurre gli scarti di
carta. Questa operazione prende il nome di imposizione.
Una corretta imposizione sfrutterà al meglio la carta su cui si stampa.
Fin dai primi tempi della stampa i libri venivano realizzati raggruppando
le pagine in gruppi di quattro, detti quartini,
cucendoli opportunamente tra loro. In questo modo venivano stampate
contemporaneamente due pagine per volta (le due su un lato, detto bianca,
e le due sull'altro lato, detto volta).

esempio di quartino: quattro pagine, di cui due in bianca e due in
volta
Questi raggruppamenti di pagine, detti segnature,
possono essere anche più complessi. Oltre alle 4 pagine (quartino)
si possono avere, ad esempio 8 pagine (segnatura in ottavo),
16 pagine (segnatura in sedicesimo), 32 pagine (segnatura
in trentaduesimo).
Anche per la stampa di prodotti quali, ad esempio delle etichette,
risulta conveniente disporre sulla medesima forma da stampa tante
etichette ripetute. Anche qui, la disposizione delle verie etichette nella
posizione che andranno a occupare sulla forma da stampa e quindi sul
foglio stampato prende il nome di imposizione.
Spesso, nel settore grafico italiano, si usa il termine montaggio,
con lo stesso significato di imposizione. E' questo un
termine che si preferiva usare prima che questa operazione venisse fatta
con tecnologie digitali, incollando manualmente le pellicole fotografiche
che riportavano i grafismi su un foglio trasparente che veniva utilizzato
per ottenere la forma (si veda il paragrafo
"lito-offset" dove si parla della formatura). Pertanto, quando si fa
uso di tecnologie digitali, al posto di imposizione si usa anche il
termine mpntaggio digitale.
Oggetto finale della fase di imposizione digitale sono ancora uno o più file
di descrizione pagina, ma con struttura diversa dal file
prodotto dalla fase di impaginazione.
La fase di impaginazione produce un file fatto di pagine
in successione. La fase di imposizione
produce file in cui le pagine sono disposte come sulle forme
da stampa che dovrà venire realizzata.

disposizione delle pagine nel file prodotto nella fase di impaginazione

disposizione delle pagine nel file prodotto nella fase di imposizione,
bianca e volta. In questo esempio si tratta di una segnatura
in sedicesimo. Si osservi la disposizione delle pagine sulla bianca
e sulla volta. Piegando il foglio con 3 pieghe incrociate le pagine
risulteranno disposte in successione.
L'imposizione digitale viene effettuata mediante appositi programmi spesso
realizzati dai produttori delle fotounità.
Formatura
Successivamente all'imposizione si svolge la fase di formatura, che è già
stata definita come quel "complesso di operazioni di preparazione
della forma di stampa (per via elettronica, fotografica,
meccanica, manuale o con qualsiasi altro metodo)".
In un flusso di lavoro digitale la forma viene preparata con metodi
diversi a seconda della tecnologia e a seconda del processo di stampa, ma
tutti i sistemi hanno in comune l'elaborazione delle informazioni
contenute nei file di descrizione pagina prodotti dall'imposizione.
Le più moderne tecniche di formatura usate del processo
lito-offset e nel processo flessografico
prevedono l'uso di una fotounità, dispositivo che espone
la forma, punto per punto, mediante un raggio laser che si muove sulla
superficie della stessa, accendendosi o spegnendosi in corrispondenza dei
grafismi e dei contrografismi, comandato da un apposito elaboratore detto
RIP (Rasted Image Processor), il quale provvede alla
elaborazione dei file di descrizione pagina provenienti dalla fase di
imposizione.
Quest sistemi di formatura, ormai affermati in maniera pressoché globale,
prendono il nome di CTP, ovvero Computer To
Plate, che significa "dal computer alla lastra".
Anche nel processo rotocalcografico vengono usate
tecniche digitali di formatura. In questo caso il RIP comanda un
dispositivo come l'Helioklischograph che provvede a incidere le cellette
mediante una punta in diamante sintetico.

il flussogramma della prestampa
IL DTP
Con l'acronimo DTP (Desk top Publishing:
"Editoria da scrivania") si intende l'iniseme di elementi informatici, hardware
(le attrezzature) e software (i programmi), con cui
possono essere effettuate le fasi di acquisizione e elaborazione delle
immagini, di composizione del testo, di impaginazione e di imposizione.
Al tempo stesso con l'espressione DTP si intende anche
l'insieme di quelle stessa fasi di lavoro (acquisizione
e elaborazione delle immagini, di composizione del testo, di impaginazione
e di imposizione), quando svolte per via digitale, mediante computer,
appositi software, e altre attrezzature di input e output.
un esempio di stazione di lavoro DTP con i suoi elementi di input e
di output
un esempio di organizzazione a rete di un reparto di DTP
Alcuni concetti relativi alle immagini
Le immagini possono essere:
- a tono continuo: sono le immagini
che contengono sfumature. Se sono a un solo colore (nero) possono
contenere tutte le sfumature del grigio. Per potere riprodurre
un'immagine a tono continuo con un sistema di stampa autotipico,
sarà necessario retinarla;
- al tratto: sono le immagini che non
contengono sfumature, ma solo toni pieni. Se sono stampate a un solo
colore (nero) hanno o bianchi o neri;
- retinate: sono immagini che sono
state scomposte in grafismi di piccole dimensioni, non distinguibili
dall'occhio a una normale distanza di osservazione, in modo da poter
dare l'effetto di contenere sfumature.

immagine a un colore a tono continuo

la stessa immagine a un colore riprodotta al tratto

la stessa immagine riprodotta dopo essere stata retinata. I punti di
retino sono volutamente molto grandi per comprenderne più facilmente il
significato
Alcuni concetti relativi alla retinatura
Modulazione del retino
Il retino può essere:
- a modulazione di ampiezza (o AM, o tradizionale): i punti hanno
distanza tra i centri costante, ampiezza variabile
- a modulazione di frequenza (o FM, o stocasitico): punti hanno
grandezza costante, distanza variabile

retino AM

lo stesso retino, ingrandito. Si noti come le distanze, misurate tra
centro e centro, dei punti, siano costanti

retino FM

lo stesso retino, ingrandito. Si noti come i punti abbiano tutti le
stesse dimensioni
Forma del punto
Le più comuni forme del punto (con particolare riferimento alla stampa
lito-offset) sono:
- retino a punto quadro: miglior dettaglio ma più adatto alla stampa con
inchiostri viscosi (offset a foglio) e su carta poco porosa;
- retino a punto tondo: dettaglio lievemente inferiore, ma più adatto
alla stampa con inchiostri più fluidi (offset a bobina) e su carta
porosa.

retino a punto quadro

retino a punto tondo
Lineatura
E' un concetto che si riferisce esclusivamente alla retinatura AM.
Rappresenta il numero di file di punti per unità di misura.
Ad esempio 60 linee/cm significa che in un centimetro ci sono 60 file
di punti. E' chiaro che un'alta lineatura permette una maggior quantità di
dettagli. Nella stampa su carte porose non è consigliato utilizzare alte
lineature. Uno stampato di alta qualità, su carta microporosa, viene
realizzato con lineature di 60÷ 70 linee/cm. Nella stampa dei quotidiani
(carta molto porosa) si utilizzano lineature nell'ordine delle 32 linee/cm.
Nel mondo anglosassone la lineatura viene espressa in LPI (Lines Per Inch:
"linee al pollice"), utilizzando come unità di misura di lunghezza il
pollice o inch, pari a 2,54 cm. Approssimando tale numero a 2,5 si può
pertanto facilmente effettuare la conversione. Ad esempio:
60 linee/cm = 60 linee/cm x 2,5 cm/pollice = 150 linee/pollice = 150 LPI
Percentuale di punto
Rappresenta la percentuale di superficie che il grafismo occupa rispetto
alla superficie presa in considerazione. E' direttamente legata all'effetto
di chiaro scuro

Inclinazione del punto ed effetto moiré
DA INSERIRE. FACOLTATIVO PER LA VERIFICA
La sintesi del colore: sintesi addittiva e sintesi sottrattiva
Con il termine sintesi si intende qui la formazione dei colori a partire da
tre colori base.
Per capire il fenomeno della sintesi del colore dobbiamo fare qui un breve
cenno, estremamente semplificato, alla natura della luce e alla sua
percezione.
La luce è una radiazione elettromagnetica che quando colpisce la retina del
nostro occhio ne stimola alcuni organi recettori (i coni)
che inviano un impulso al nostro cervello. I coni sono di tre
famiglie differenti:
- una è più sensibile alle lunghezze d'onda più lunghe (detti coni L
dall'inglese Long), corrispondenti ai colori prossimi al Rosso
(R)
- una è più sensibile alle lunghezze d'onda medie corte (detti coni M
dall'inglese Medium), corrispondenti ai colori prossimi al Verde
(G, dall'inglese green)
- una è più sensibile alle lunghezze d'onda più lunghe corte (detti coni
S dall'inglese Short), corrispondenti ai colori prossimi al Blu
(B)
A seconda della distribuzione delle lunghezza d'onda presente in una certa
luce colorata, verranno stimolati più o meno i tre tipi di
coni, che invieranno un impuslo al cervello (tristimolo).
Il cervello decodifica questi impusi e riconosce quali coni sono stati
maggiormente stimolati, restitendoci così la sensazione di colore.
Ecco perché è possibile fare una trattazione del colore semplificata, ma
sostanzialmente corretta, pensando alla luce come composta da tre componenti
fondamentali: rossa (R), verde (G), blu (B).
La luce bianca (W dall'inglese white) è
composta da tutte e tre le componenti RGB.
Un filtro è un elemento un grado di bloccare una o alcune
componenti della luce lasciandone passare altre.
Un filtro di selezione ideale è un filtro che blocca
completamente una delle tre componenti, e lascia passare
completamente le altre due.
Ad esempio un filtro di selezione ideale rosso, bloccherà
le componenti verde e blu e lascerà
passare la componente rossa. Parliamo di filtro
ideale intendendo un filtro che si comportà propio così come descritto. Un
filtro reale rosso in realtà lascerà passare anche un piccolo quantitativo
di luce verde e blu, e bloccherà una piccola parte di luce rossa. Pensando a
dei filtri ideali la trattazione risulterà enormemente più semplice.

luce bianca (W) filtrata con un filtro ideale rosso (R): vengono
bloccate le componenti G e B, passa la componente R

Se si filtra la luce bianca (W) con due filtri di selezione ideale, ad
esempio R e B, è evidente che non passerà alcuna componente della luce
La sintesi addittiva
Per sintesi addittiva si intende la formazione dei colori
sovrapponendo (in pratica addizionando) tre luci
base o fondamentali opportunamente scelte. Si utilizzano il rosso,
il verde e il blu che sono proprio le
tre componenti della luce. Nessuno di questi tre colori è una miscela
degli altri due. La scelta di questi tre colori permette di ottenere una
miscela più ampia di colori.

inviando al nostro occhio le tre componenti R, G e B, si ricostruirà la
luce bianca (W)

inviando al nostro occhio le sole componenti G e B, si avrà la
sensazioen del Cyan (C)

inviando al nostro occhio le sole componenti B e R, si avrà la
sensazioen del Magenta (M)

inviando al nostro occhio le sole componenti R e G, si avrà la
sensazioen del Giallo (Y: "yellow")
Anche proiettando su uno schermo bianco le stesse luci si avrà la
formazione dei colori nello stesso modo.
La sintesi addittiva è sfruttata, ad esempio, nei monitor, in cui ogni pixel
è quadrato, e formato da minuscole barrette luminose colorate in R, G e
B. A causa delle piccole dimensioni del singolo pixel l'occhio non è
in grado di distinguere tre barrette, e i colori da esse prodotte si
misceleranno all'interno del nostro occhio.
Regolando l'intensità delle tre componenti si potranno sintetizzare infiniti
colori.

un pixel del monitor ingrandito. Se lo zoom della
pagina è al 100% (dimensioni normali) questo ingrandimento è di 100 volte.
La schermata bianca corrisponde alla massima intensità luminosa delle tre
barre RGB (valore massimo par a 255)
Una schermata, ad esempio, rossa, corriponde alla massima accensione della
barra R, e alla minima del G e del B (valori, rispettivamente: 255, 0, 0)
La sintesi sottrattiva
Per sintesi sottrattiva si intende la formazione dei
colori sovrapponendo dei filtri di colore base o fondamentali della
sintesi sottrattiva opportunamente scelti in modo che ognuno di
essi blocchi delle componenti della luce.
Si utilizzano il cyan (C), il magenta(M)
e il giallo (Y), colori che come si è detto sono dati
ciascuno da due componenti della luce.
I filtri possono essere intesi anche come inchiostri trasparenti
sovrapposti nella stampa l'uno all'altro, oppure mescolati uno all'altro.
Sono proprio gli inchiostri cyan magenta e giallo che vengono usati
nella stampa in quadricromia. Si parla di quadricromia
perché, in aggiunta, si utilizza anhe il nero (K,
dall'inglese "blacK" o "Key" inteso
come colore chiave).

un inchiostro giallo lascia passare attraverso
il suo spessore la luce rossa e verde:
infatti il giallo è fatto di rosso e di verde;
la luce che passa attraverso l'inchiostro viene riflessa dal supporto
bianco e successivamente passa nuovamente attraverso lo
spessore dell'inchiostro;
in paratica, si può dire, che l'inchiostro giallo riflette la luce rossa e
verde, e che assorbe la luce blu (blu e giallo
si dicono complementari)

Sovrastampando due inchiostri per quadricromia, nell'esempio giallo
e magenta, passa una sola componente della luce;
il magenta assorbe il verde (il suo
complementare) e lascia passare il rosso
e il blu;
il giallo assorbe il blu (il suo
complementare) e lascia passare il rosso
e il verde, ma il verde è già stato bloccato dal magenta
sovrastante, quindi solo il rosso arriva al supporto bianco, e da questo
viene riflesso;
la sovrapposizione di giallo e magenta
dà pertanto il rosso;
lo stesso avviene se i due inchiostri vengono tra loro
mescolati: si ottiene un inchiostro rosso;
se si tratta di inchiostri ideali nulla cambia se si inverte
l'ordine di stampa

Sovrastampando i tre inchiostri per quadricromia, giallo,
magenta e cyan, vengono fermate tutte
le componenti della luce;
il cyan assorbe il rosso (il suo
complementare) e lascia passare il verde
e il blu;
il magenta assorbe il verde (il suo
complementare) e lascia passare il rosso
e il blu, ma il rosso è già stato
bloccato dalcyan sovrastante, quindi solo il blu passa;
il giallo assorbe il blu (il suo
complementare) e lascia passare il rosso
e il verde, ma il rosso e verde sono già stati bloccati
dagli inchiostri sovrastanti, nessuna componente arriva al supporto.
la sovrapposizione di giallo e magenta
e cyan dà pertanto il nero;
se si trattasse di inchiostri ideali nulla cambia se si inverte l'ordine
di stampa;
lo stesso avviene se i tre inchiostri vengono tra loro mescolati: si
ottiene un inchiostro nero;
nella realtà, poiché non abbiamo inchiostri ideali, si ottiene un nero
sporco e poco profondo: ecco perché in stampa non si usa la tricromia
(CMY), ma piuttosto la quadricromia (CMYK), usando anche l'inchiostro
nero;
un altro motivo è dovuto al fatto che, quando si deve ottenere il nero, se
utilizzo l'inchoistro nero anziché cyan magenta e giallo, utilizzo nel
complesso meno inchiostro, con un ripsarmi economico, una maggior rapidità
di essiccazione e si evitano una serie di problemi in stampa
l'allestimento degli stampati
Livio Colombo
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